WEBVTT 00:00:00.000 --> 00:00:04.018 Narciso era un giovane bellissimo, ammirato da tutti, ma incapace di amare nessuno. Sua madre, preoccupata per il futuro del figlio, chiese al famoso indovino Tiresia se Narciso avrebbe vissuto a lungo. Lui rispose con un misterioso avvertimento: Gli anni passarono, e Narciso crebbe diventando ancora più affascinante. Ragazzi e ragazze si innamoravano di lui, ma il suo cuore restava freddo: non ricambiava nessuno. Tra coloro che lo amavano c9era Eco, una ninfa che Giunone punì, togliendole la parole e permettendole solo di ripetere le ultime parole degli altri. Un giorno, mentre Narciso era nei boschi a caccia, Eco lo vide e se ne innamorò perdutamente. Lo seguì in silenzio, sperando di poter parlare con lui. Dopo un po9, Narciso si accorse di non essere solo e gridò: rispose subito: Quando finalmente Eco uscì dal suo nascondiglio per abbracciarlo, Narciso la respinse con durezza: me! Preferisco morire piuttosto che amarti!=. Eco, umiliata e addolorata, si nascose tra le montagne, consumandosi nel dolore fino a diventare solo una voce. Da allora, il suo spirito vive tra le valli e le grotte, ripetendo per sempre le parole degli altri. Così come aveva illuso Eco, Narciso aveva respinto anche molte altre ninfe e giovani innamorati di lui. Uno di loro, ferito dal rifiuto, alzò le mani al cielo e pregò: La dea Nemesi ascoltò questa richiesta e decise di punirlo. In un pomeriggio afoso, Narciso si era fermato di fronte ad una sorgente cristallina per riposare. Aveva passato la giornata a correre e a cacciare, e ora, stanco, si era sdraiato sull'erba fresca, attratto dalla bellezza del luogo. Intorno a lui, il prato era ben curato, e l'acqua della sorgente, limpida come l'argento, scorreva senza essere toccata da nessuno. Nessun pastore, nessuna capra o altro animale aveva osato avvicinarsi a quel piccolo angolo di paradiso, e perfino gli uccelli e gli animali selvatici sembravano rispettare quel silenzioso santuario. Mentre beveva, Narciso notò qualcosa di straordinario: nella superficie dell'acqua si rifletteva la sua immagine. Con stupore, vide i suoi occhi brillare come due stelle, i lineamenti delicati e il corpo giovane e armonioso che tanto gli piaceva. "Ma guarda che bellezza," mormorò a se stesso, incantato. "Non ho mai visto niente di simile." In quel momento nacque in lui un sentimento inspiegabile: si innamorò perdutamente della sua stessa immagine. "Tu sei così perfetto," disse rivolto al riflesso, come se potesse rispondergli. "Non ho mai conosciuto nessuno che mi amasse così." E mentre parlava, le sue parole sembravano fondersi con il suono dell'acqua che scorreva, creando un'eco che ripeteva le sue stesse parole. Non passò molto tempo prima che Narciso iniziasse a comportarsi in modo strano. Ogni volta che si avvicinava al bordo della sorgente, cercava di abbracciare quell'immagine, come se volesse toccare quella bellezza che tanto lo affascinava. Ma ogni volta, le sue braccia si chiudevano su un vuoto, su un'immagine evanescente. "Perché mi sfuggi sempre, mio amore?" gridò, disperato, al riflesso che si allontanava come un sogno al risveglio. Narciso divenne sempre più ossessionato da quell'immagine. Non si preoccupava più di mangiare o riposare; l'unico pensiero che lo occupava era l'amore per quella figura, seppur fosse solo una proiezione. Ogni tanto, si alzava e si guardava intorno, sperando di vedere qualcuno che potesse rispondergli, che potesse capire il dolore di un amore non corrisposto. Un giorno, mentre si trovava vicino alla fonte, Narciso decise di parlare ad alta voce, cercando conforto in quella conversazione solitaria. "Oh bosco, voi che avete assistito a innumerevoli amori, ditemi: mai qualcuno ha provato un sentimento così forte da amar se stesso con tanta intensità?" Chiese con tono speranzoso, guardando le fronde degli alberi come se potessero rispondergli. Le ombre danzanti e il mormorio dell'acqua erano le uniche risposte che riceveva. In un'altra occasione, mentre cercava ancora di afferrare quell'immagine, Narciso parlò al suo riflesso con un tono più diretto: "Sei tu che mi ami? Se mi ami davvero, perché non ti avvicini a me?" La voce del giovane si fece sempre più carica di emozione, e le sue parole sembravano risuonare tra le pietre e il verde del prato. Il sole calava lentamente, e l'aria si faceva più fresca. Ma Narciso, ormai intrappolato dal suo stesso amore, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla superficie dell'acqua. I suoi occhi, pieni di passione e disperazione, cercavano in quel riflesso una risposta, una carezza, un segno di vita. "Perché, o mio amato, non puoi uscire da quell'acqua e abbracciarmi?" si domandava, quasi implorando per un segno. Intanto, un'eco sottile e malinconica cominciò a ripetersi tra le rocce vicine. Non era altro che la voce della ninfa, Eco, che da sempre aveva amato Narciso senza che lui ne fosse consapevole. Ogni volta che Narciso pronunciava una parola, Eco la ripeteva con dolcezza, rendendo le sue frasi ancora più struggenti e cercando di alleviare la solitudine del giovane. Ma Narciso, perso nel proprio delirio, non riusciva a comprendere che l'amore che cercava era solo un'illusione. Il tempo passava, e Narciso divenne incapace di distogliere lo sguardo da quella fonte, fino a che la sua stessa vita cominciò a spegnersi. Ogni giorno, il giovane trascorreva ore e ore accanto all'acqua. "Sono innamorato di me stesso, eppure non posso mai avermi," ripeteva, quasi in preghiera. E mentre le stagioni cambiavano, il suo corpo si indeboliva, la pelle perdeva il colore e la forza sembrava abbandonarlo poco a poco. Un pomeriggio, con il sole ormai basso sull'orizzonte, Narciso si rese conto che il suo riflesso stava cambiando. L'immagine, un tempo così chiara e vivida, ora appariva sfocata, quasi sbiadita. "Che succede?" gridò, guardando con ansia l'acqua che scorreva. "Se tu sparissi, io sparirei insieme a te." Eco, la ninfa che lo aveva sempre amato in silenzio, ascoltava il pianto e, sebbene il dolore le facesse male, cercò di confortarlo. "Oh, Narciso, ascolta il mio cuore," le disse con voce debole. "Non sei solo, io sono qui. Forse dovresti trovare un modo per amarti in maniera diversa, per scoprire che l'amore vero non può essere solo rivolto a un riflesso." Ma Narciso, immerso nella sua follia, non riusciva a comprendere. Una mattina, quando il sole si fece timido tra le nuvole, Narciso si rese conto che il suo corpo era ormai debole e che la luce nei suoi occhi si era spenta. "È arrivato il momento," disse a se stesso, "di lasciare questo mondo e forse, in un'altra vita, imparare a trovare l'amore che merito." E con queste parole, il giovane cadde in una triste pace, abbandonandosi al destino che aveva scelto. Alla fine, Narciso aveva cercato l'amore dove non c'era, aveva seguito un'ombra che, pur essendo la sua, non poteva mai riempirlo. E nel silenzio di quella radura, tra il suono dell'acqua e il canto degli uccelli, la sua storia continuava a vivere, come un monito per tutti coloro che, innamorati della propria immagine, rischiano di perdersi nel riflesso di un sogno impossibile da raggiungere. La leggenda narra che, dopo la sua scomparsa, non si trovò più il corpo di Narciso. Al suo posto, spuntò uno splendido fiore giallo, che ancora oggi porta il suo nome.