[Video sottotitolato in italiano] Come liberarsi dall'ego - 5 novembre 2024 [Mooji] Posso leggere a voce alta? [Interlocutrice] Sì [Mooji] Hai scritto: "Caro Guruji, "ho troppa vergogna e paura per poterti parlare: "non so come fare a osservare con distacco, "né a essere consapevole che sono consapevole. "L' io-identità mi sembra ancora reale. Ti prego, aiutami." È una dichiarazione molto onesta, e mi piacerebbe che si scrivesse così più spesso, perché tanti si trattengono, e non dicono... Quindi apprezzo che tu lo faccia, perché mi dai la possibilità di parlarti con semplicità. "Non so come osservare con distacco", Beh, in realtà lo facciamo spesso: osserviamo molte cose con distacco, quando non hanno importanza per noi. Quando le cose non ne hanno, le vediamo ma senza lasciarci catturare. Questo vale per tutti, ed è la prima cosa. Non è possibile non guardare mai con distacco: pensa come sarebbe se dovessi ricordare tutto ciò che accade, e rimanesse tutto vivo dentro di te: diventeresti pazza, nessuno lo sopporterebbe. Ci pensa un meccanismo del nostro vero stato naturale: lavora permanentemente per.... Ad esempio, puoi passare qui, poi salire su, senza dover registrare ogni cosa e ogni passo, Incontri qualcuno: "Ciao, buongiorno", e vai, senza doverlo ricordare. Quindi è in funzione un distacco naturale, dentro di noi. Il distacco, è già presente, se non fossimo in grado di distaccarci, mentre percepiamo, saremmo nei guai. Quindi prima di tutto sappi che è naturale: incontriamo persone e ... Nasce attaccamento solo per le cose che hanno importanza per te. Assumono un significato, quindi ritieni di doverle ricordare, è come se tu le fotografassi, interiormente, conferendo loro un certo peso, e questo le fa diventare importanti. Ecco perché, se mi dici: "Non so osservare con distacco", ti rispondo che lo fai spesso, invece, con molte cose. Se attraversassi questo spazio e mentre passo dicessi a tutti di essere distaccati da ogni cosa, diventerebbe un problema: sarebbe un incongruenza, perché siete già nel distacco spontaneo. Quando venite in satsang vi insegno qualcosa di molto più potente: portare a consapevolezza una cosa che fate già spontaneamente, ma anche farvela diventare naturale pure per le cose che per voi sono importanti. [Interl.] Sì, è difficile questo per me. [Mooji] Sì, sì, è difficile per tutti, mentre per le cose a cui non diamo peso, va da sé, anche senza dover decidere di applicare distacco, o doverci pensare: quando i tuoi occhi, i sensi incontrano quelle, non accade nulla; le attraversi e resti in pace. Ma per le cose che secondo te hanno peso... Cosa glielo conferisce? Rallentiamo e vediamo cosa rende importante una cosa. La domanda è per tutti. Cosa conferisce un importanza a certe cose? Può essere una relazione particolare, alcuni concetti, tipo: è la mia famiglia, il mio lavoro, il mio compagno, e queste cose contano! Se la coppia di qualcun altro è in crisi non è un problema, ma importa se si tratta della tua. Allora di cosa parlo, quando dico di osservare con distacco? Solo di fare un passetto in più del distacco spontaneo nell'attraversare una stanza. Quando chiedo d'imparare a osservare con distacco, significa portare questo distacco anche... Perché è naturali che le cose che guardi non ti restino appiccicate, mentre le cose a cui tieni: il tuo compagno, ciò che vorresti, il tuo lavoro o altro, creano una certa struttura nella tua mente, della quale devi prenderti cura. Non voglio entrare nei dettagli, ma dico che l'attaccamento consiste nel ... Voglio farvi prendere consapevolezza che avete dentro di voi uno spazio che non viene alterato da ciò che vi accade intorno. È vivo, non è inerte, però non è ... non è profondamente attaccato all'esito delle cose. Non so se sto spiegando bene, cerco un'esempio. [Interl.] Ho l'impressione che non ci sia spazio, ci sia solo mente e identità. [Mooji] Se sei in grado di vedere la mente, guardi per forza da uno spazio che non è la mente. Questo vale per tutti, solo che non ne siete consapevoli. Quello che sto dicendo ha un'immensa potenza nella sua verità, quando ne siete consapevoli. Gli insegnamenti e ciò che pratichiamo qui servono soprattutto a farvi prendere coscienza di alcune vostre cose di cui tutti voi non vi rendete pienamente conto, poiché la vostra consapevolezza non è laddove dovrebbe stare, cioè nel vostro essere più profondo... Non potete vederlo, c'è da dirlo: potete vedere tutto il resto, vedere ogni relazione, ogni oggetto, ricordare o pensare ogni pensiero: tutto ciò è altro da voi, e potete vedere tutto ciò che è altro da voi, ma non il vostro Sé. Capisci questo? Puoi dire: "Questo è il mio corpo, questo è il mio anello, "la mia casa, la mia macchina"; "mio-mio-mio, appartiene a me". Mio, mia: è tutta roba tua: questa è la mia famiglia, mia madre, la mia casa, ecco il mio paese, il mio passaporto e l'atto di nascita. Tutto 'mio', cioè ti appartiene, ma puoi dire: "Ecco il mio 'mio'"? O:" Questo è il mio 'me'?". Non puoi. E perché no? [Interl.] Perché non posso vederlo. [Mooji] Sì, ma il non poterlo vedere, significa forse che non c'è? [Interl.] No. [Mooji] Giusto. Quindi c'è una cosa al mondo che non puoi vedere, mentre puoi vedere tutto il resto. C'è qualcosa che non puoi vedere, però non puoi negare che sia reale, vero? Tu sai di esistere. Ora guardiamo con la lente d'ingrandimento la sensazione: "Sì, so che esisto". Questa cosa che non puoi vedere, ma dici di sapere che c'è, è la prima realtà, perché se non c'è quella, non c'è nient'altro, giusto? Però non la si può vedere, vero? Bene, allora siamo tornati a questo punto. Tutto ciò che puoi vedere, tutto: i tuoi pensieri e sensazioni, gli oggetti, le persone, i tuoi sentimenti e tutte queste cose, puoi vederli. Puoi vedere perfino la qualità della tua stessa vista, non è vero? Quindi se vai dall'ottico e lui ti chiede: "Spiegami perché vieni da me", puoi rispondergli: "Non distinguo né metto a fuoco bene le cose". E lui: "Con entrambi gli occhi?" Tu: "No, solo con il destro". Lui ribatte: "D'accordo. Descrivi meglio", e tu sei in grado di dire: "Coll'occhio sinistro "vedo all' ottanta per cento, e col destro, al cinquanta". Perciò qualcosa sta vedendo la vista, no? Hai questa capacità: senza dover chiederlo a nessuno qualcosa è consapevole che, in effetti, la tua vista non va bene. Quindi deve esserci qualcosa che si trova dietro alla vista. Sei anche consapevole dei tuoi sentimenti, delle emozioni, del tempo che scorre. Se ti dicono che è successa una cosa ieri, ne capisci il senso. Sei consapevole di tutto, e puoi vedere tutto. Ma il tuo Sé, lo puoi vedere? Perché? Il corpo, puoi vederlo. Puoi vedere il tuo corpo, puoi vedere il tuo sorriso, il tuo corpo, puoi vedere tutto questo, ma te stessa? Vedere il tuo corpo è vedere te stessa? E perché no? [Interl.] Perché qualcosa ne è consapevole, è consapevole del corpo [Mooji] Sì, e quel qualcosa non può essere visto, Stai dicendo questo, vero? [Interl.] Sì. [Mooji] Può vedere quand'è malato? Può sapere di non sentirsi bene, Riconosce le emozioni come: "Non mi sento a mio agio", Vede tutto, ma non può vedere se stesso, è questo che dici, vero? Perché può vedere tutto eccetto se stesso? [Interl.] Questo non lo so. [Mooji] Quello che non può... Puoi vedere tutto, eccetto il tuo Sé. Questo, che non puoi vedere ma di cui non puoi negare l'esistenza, Questo è il tuo Sé. Puoi vedere tutto: le tue sensazioni, i pensieri, l'intelletto in funzione, sei in grado di vedere tutto, ma ciò che vede tutto ciò..... Dici: "Io posso vedere", è come se la parola 'io' rappresentasse questa cosa, che, però, non si può vedere. Perfino quando tua madre ti dice: "Tesoro, è bello vederti", quale 'te' sta vedendo? [Interl.] Il corpo. [Mooji] Il corpo, e anche il proprio affetto per te come ti ricorda. Lei mette tutto questo in quel 'te' del: "Bello vederti, non ti vedevo da tanto!". Allora quando qualcuno ti dice: "Bello vederti, dov'eri?", e "Sei ingrassato, o dimagrito, tutto ciò riguarda che cosa? [Interl.] L'aspetto apparente. [Mooji] Sì, l'aspetto, la tua forma. Quindi può vedere Te? E tu, puoi vedere Te? La cosa ti spaventa? [Interl.] No, non mi spaventa, ma... Manca qualcosa, o così mi sembra. [Mooji] Bene, prenditi un attimo e pensa a cosa possa essere. Non puoi vedere il tuo vero Sé, e neanch'io posso vedere il mio. Perché? Perché non è un oggetto. e non è nemmeno un pensiero. [Interl.] Ma tu ci dici di rimanere in quanto quello... [Mooji] D'accordo, grazie. Dico di restare in quanto quello, perché? Prima di tutto, perché vi immaginate di essere qualcos'altro. Vi definite una donna, una figlia, la cittadina d'un paese con dei genitori che... Tutte queste cose qui. Avete l'abitudine d'abbinarvi a qualche elemento che vi rappresenta, ma in realtà c'eravate prima di queste cose, in totale purezza. Quella che si descrive così, magari parlando per telefono: "Ho ventisette anni e due bambini", "sono sposata e vivo in tale posto", quella lì, chi è? [Interl.] La persona. [Mooji] La persona. Ma la persona e il Sé, il vero Sé, sono la stessa cosa? [Interl.] No. [Mooji] Questo crea un senso di disaggio? No, perché non c'è qualcosa che tu debba fare per saperlo. Qualcosa in te lo sa, eppure la maggior parte degli abitanti del mondo non ha mai esaminato questo, e neppure ci pensa, perché il loro mondo inizia dalla persona. Se nel colloquio per assumerti ti chiedo: "Dimmi di te", rispondi: "Ho studiato all'università, e vissuto in Sud Africa. Ho viaggiato", ma son tutte informazioni e quelle non possono essere Te, riguardano la persona, e la persona cos'è? [Interl.] Quell'identità è la persona. [Mooji] Sì Puoi vedere la persona-identità? [Interl.] Sì [Mooji] Che aspetto ha? [Interl.] È contratta; ha degli attaccamenti. [Mooji] Attaccamenti. [Interl.] A certe idee [Mooji] Attaccamento a certe idee, va bene? Ma la persona stessa è, anch'essa, un'idea. [Interl.] Questo è il problema, perché sembra davvero reale, [Mooji] Si tratta della sensazione 'io' che hai, quell'io dice: "Io sento, io penso, io..." e così via. E chi è l'io che pensa? Non siamo sicuri di sapere se sia la persona o il vero Sé. "Io voglio", "Sì, io lo so". Chi è l'io che sa? È personale o impersonale? [Interl.] È personale. [Mooji] Personale, d'accordo, bene. Che cosa vede che è personale? [Interl.] Non lo so. So che viene visto, ma... [Mooji] La risposta è la stessa che hai già dato: ciò che lo vede non può esser visto. È la scoperta più importante che si possa fare perché finché non sai davvero questo e non lo realizzi, pensi d'essere una cosa che ne percepisce un'altra, laddove la cosa è la tua persona. E va anche bene, Dio, così ha fatto in modo che venissimo proiettati nel mondo dei pensieri, sensazioni e abbinamenti, credendo d'essere quelli, per un po'. Ma per questo 'io' che funziona come persona, il mondo e se stesso non sono mai stabili, perché esso ha un'identità. L'identità della persona è forse sempre stabile? No, ma fa di tutto per farci credere che lo è. Infatti 'stabile' significa saggio, reale, affidabile, coerente. Porto solo il processo fino in fondo. Io, però, indico un conoscere più profondo che è dietro la persona e ne è consapevole, la vede. Ciò che è consapevole della persona... Mi stai seguendo? Quello, è attaccato alla persona, o essa vi è attaccata? Pensaci un attimo. [Interl.] Non è attaccato. [Mooji] Non è attaccato. E soffre, per questo? [Interl.] No. [Mooji] Però ho dovuto interrogarti per farti recedere fino al luogo dal quale puoi dirlo, perché di norma funzioniamo a partire dall'identità della persona, che invece è attaccata, ha le sue attrazioni e repulsioni, vuole e non vuole, pensa questo e poi quello, investendo principalmente la sua energia nel percepire e nel vivere. Quindi, ciò che dico è che questo va bene, ma se ti conosci soltanto in quanto persona, col suo mondo, non sarai mai felice del tutto, perché non c'è stabilità, oggi dici: "Sono così felice, è tutto meraviglioso!", e domani ti vedo di nuovo in difficoltà. Chiedo: "Mia, che succede?", e rispondi: "No, non voglio parlarne". Chi ha risposto? Mi pare sia la persona, no? [Interl.] Sì. [Mooji] Il Sé, il vero Sé, cosa dice? È importante, o per niente? Intendo: il Sé è importante? [Interl.] No. [Mooji] Non lo è? [Interl.] No. [Mooji] Questo significa che non serve a nulla, non conta? Il Sé non è importante, non lo è? Allora perché mai esiste? Se altre cose, giunte dopo, sono importanti, tipo la persona, l'identità personale e il suo mondo, e anche gli attaccamenti personali, che dire di Quello che li ha preceduti e non può essere rimosso? Il Sé può venire ucciso? No. Ma tu dici, e lo sto apprezzando, in realtà, che esso non è importante. Che cosa è importante? [Interl.] Sento che è importante fare l'esercizio. [Mooji] Sì. E perché l'esercizio è importante? [Interl.] Per stabilizzarci. [Mooji] Sì Ed è il Sé , il Sé profondo, che deve stabilizzarsi? o deve farlo qualcos'altro? [Interl.] Qualcos'altro. [Mooji] Giusto. Perché bisogna che si stabilizzi, questo qualcos'altro? [Interl.[ Per non lasciarsi attirare nell'identità. [Mooji] Sì, e cosa si lascia attirare nell'identità? Il Sé? [Interl.] L'attenzione. [Mooji] Sì, infatti, l'attenzione, perciò l'attenzione è molto importante. [Interl.] Sì. [Mooji] Quando l'attenzione viene attirata nell'identità, cosa se ne accorge meglio: l'attenzione, la mente, la persona o il Sé profondo? [Interl.] Il Sé, il Sé profondo. [Mooji] Il Sé. E questo lo fa soffrire? [Interl.] No. [Mooji] Ma è comunque importante, perché ogni volta che l'attenzione va fuori si dimentica di sé, dimentica da dove viene. [Interl.] Sì. Ogni volta che l'attenzione va fuori, e ci lasciamo coinvolgere nelle proiezioni, c'è dolore. Viene a crearsi tutto un mondo, delle emozioni, degli alti e bassi e così via, e qualcosa ne viene disturbato. Forse viene disturbata la persona, e nel nostro mondo tutto gira intorno a quella. La persona fa causa a un'altra persona, ed è la persona che vince o perde. Ma che succede al Sè? [Interl.] Nulla. [Mooji] È importante sapere questo? [Interl.] Sì. [Mooji] Sì. Allora, quando parliamo di... Ora torno alla tua lettera. Scrivi che non sai osservare con distacco. Il Sé ha bisogno di saper osservare con distacco? Perché no? [Interl.] Perché non ha bisogno di nulla. [Mooji] Non ha bisogno di nulla, eppure conosce ogni cosa. Conosce il gioco della mente e tutto il resto, ma niente lo altera. [Interl.] No. C'è una connessione tra la sensazione della persona e il Sé profondo. La persona non può esistere senza il Sé profondo, ma quando entra in stati di confusione e dolore, se non ha coscienza che le sue radici si trovano nel Sé profondo, parte alla deriva e arrivano i guai: possono sorgere disturbi mentali, malattie, collera, paura. Sorge di tutto. Quindi è molto importante che la persona diventi consapevole della propria radice. [Interl.] Infatti, ma quando provo a fare l'esercizio, non riesco ad arrivare a questo. [Mooji] Chi fa l'esercizio? [Interl.] Lo fa la mente, la persona, e colei che non vuole più soffrire. [Mooji] Giusto. Che cosa sa questo? Che cosa ne è consapevole: la mente-persona o il Sé profondo? [Interl.] Il Sé profondo. [Mooji] E ne viene disturbato? [Interl.] No. [Mooji] Ma fare l'esercizio è comunque utile: è il vero yoga. Yoga significa congiungersi nell'unità: il senso della persona riscopre la propria radice. La persona non può vivere di per sé e basta: anche se non è consapevole del Sé, scaturisce comunque dal Sé. L' espressione umana del Sé-coscienza è più che altro consapevole di sé in quanto persona, quindi può andare avanti per vite e vite umane a viversi la persona con il suo vasto mondo, i sogni, le cose che vuole fare, i suoi gusti e disgusti, una vita dopo l'altra. "Amo questa vita, amo il gelato, mi fa morire!", e la vita dopo: "Non sopporto il gelato!". Non c'è alcuna coerenza, salvo il fatto che la persona non può esistere senza il vero Sé. Però è anche intelligente il sé personale, quindi capita che, per qualche ragione, venga attratto dalla ricerca, magari perché stanco di soffrire nel mondo, vuole trovare un rimedio, e l'unica soluzione che regga è quella di scoprire la propria origine, scoprire che Ciò da cui scaturisce e lui stesso sono una cosa sola. Ecco tutta la ricerca della nostra vita, perché chiunque non sia cosciente di essere un tutt'uno con il Sé, soffre ed è in difficoltà. Quindi questo è lo scopo del nostro satsang: che la coscienza, vivendo nella forma della persona, si senta attratta dalle sue radici, non solo dal mondo che ha davanti. Da qui l'esercizio del distacco da tutto quello che accade, girare il mondo, fare cose, dare un'immagine di sé, auto-analizzarsi, perché sono tutti giochi della mente , stati mentali. Si tratta di realizzare che ogni stato è mutevole, d'accordo, e che possiamo osservarli senza identificarci con essi. Di fatto, puoi osservare una cosa solo se non sei quella cosa, in realtà. Anche nella persona risiede la capacità di osservare: osservando le cose può accorgersi di non essere quelle, e questa caratteristica è come se le facesse da genitrice. Vedi, alla persona quando usa la capacità di guardare realizzando: "Qualunque cosa vedo, sarà solo un'impressione, un pensiero, una sensazione, ma non ciò che sono", accade ciò che si chiama il risveglio. Si risveglia al fatto che niente, fuori, niente che giunga tramite i sensi o la mente, può essere fondamentale per essa: tutto cambia. E vede: "Persino io stessa in quanto persona che vede e riconosce questo, "mi trovo come sul crinale che separa, da un lato il mondo, e dall'altro l'abisso del Sé". Questo perché ha la capacità di guardare senza identificarsi con ciò che vede o che prova, e di poter dire, davanti a ogni cosa che la vita propone: "Non è questo; ciò che sono non è questo". Man mano che fai questo, avviene il ritorno nella consapevolezza di Sé stessi originaria. E parlo di consapevolezza del Sé 'non-duale' : non l'unione di due cose che restano distinte, ma un armonizzazione. Torni a renderti conto: "Qui non mi sta accadendo nulla! "Quando vado nella mente, nell'identità, gli eventi diventano importanti, "ma posso osservare consapevolmente perfino la mia persona, "che fa da ...... Come si chiama? "...da binocolo per guardare il mondo, "e anche la persona che vede il mondo può essere vista a partire dal Sé. Sapere questo ti riporta all'armonia in modo cosciente. Il distacco non è altro che questo. Non si tratta di uccidere nulla, solo di capire: la realizzazione del Sé è un viaggio di comprensione, ed è anche trovare cosa avevi capito male. È semplice, ma finché non ci arrivi sembra complessissimo, perché? Perché non siamo abituati a questo, ma solo a guardare in avanti, fuori. A volte credi di guardare dentro, nella mente, ma è ancora fuori, rispetto al Sé profondo. [Interl.] Sì, questo mi capita spesso: andando verso dentro trovo solo il corpo, non so andare oltre. [Mooji] Ah, sei nel corpo-mente? Ma qualcosa, che è dietro, sa questa cosa. La mente non può arrivare alla realizzazione finale senza diventare quella realizzazione. La mente della persona non può raggiungere la realizzazione finale, restandone indipendente. Più diventa consapevole più si accorge di essere, non di avere, e questo è molto significativo. Nessuno può 'avere' la realizzazione, essere qualcuno che ce l'ha, nel senso che l'idea di te stessa in quanto persona soltanto torna a spegnersi e vedi che la persona è un oggetto, anche molto sottile. L'oggetto sottile costituito dalla persona si comporta da soggetto, come se oggetto fosse tutto il resto, ma per il Sé, è lei l'oggetto principale. L'oggetto principale emette la sua luce come sensazione 'io', 'io sono qui', tipo: "Mia!"; "Sì, sono qui". Che significa "sono qui?". Di solito equivale a: "Guarda, sono qua giù" e va anche bene, è normale: il linguaggio può esprimere le cose solo così: il linguaggio riguarda il senso della persona nella sue relazione con ciò che le piace o no. Niente di male, in fin dei conti, perché quando ti risvegli ti rendi conto che qualunque cosa accada, viene vista da questo luogo. Questo luogo non può essere visto ma io posso essere davvero solo questo luogo. Quando lo sai davvero l'espressione dinamica di Questo, ciò l'apparenza della persona, può continuare, ma non ha più la sua forza d'inganno. [Interl.] Sì, l'inganno deve andarsene. [Mooji] No, deve essere capito, perché dovrebbe per forza andarsene? Solo perché lo unisci alla tua identità e quindi ti fa male: "No, no, no!". Ma tutto questo, ora vedrai che sono solo costruzioni della mente, come se il tuo sé fosse solo un ritratto psicologico della mente e della persona. L'essere interiore invece, non ha una forma e non puoi identificarlo gridando: "Ecco l'ho trovato!" Non si può, perché questo si può fare soltanto con gli oggetti che vengono percepiti. [Mooji] L'hai capito, vero? [Interl.] Sì. [Mooji] Allora dimostra che il tuo problema esiste davvero. Dai! Vedi, dovrai contemplare questo ancora e ancora, perché fa presto a trasformarsi: ora pensi che stai osservando, e un minuto dopo, eccoti coinvolta, ci sei dentro. Non ti arrabbiare quando succede, perché succede da vite e vite, allora lascialo accadere, va bene, continua solo ad accorgerti: "Però aspetta: vedo anche questo!". Pure ciò che c'è di più intimo è un oggetto percepito, perché 'intimo' implica almeno due elementi, altrimenti non c'è una cosa in intimità con un altra. Puoi essere in confusione, Tu , alla luce di quanto stiamo dicendo? [Interl.] No, no. [Mooji] Grazie Ma puoi essere cosciente che c'è confusione, allora, se sei cosciente della confusione senza identificartici, è barare? [Interl.] No, no. [Mooji] Molto bene. Allora, ripartiamo dall'inizio: qual'è il tuo problema? [Interl.] Il fatto è che quando faccio l'esercizio, a me sembra di dover trovare qualcosa. A 'te' chi? Definisci la tua posizione. [Interl.] La persona. [Mooji] Quando la persona fa l'esercizio. Bene. C'è una parola diversa da 'persona' in quest'esercizio, infatti direi: quando l'intelligenza personalizzata della verità, l'intelligenza personificata di Dio, confonde se stessa con le proprie proiezioni, è come se andasse persa per se stessa, fosse persa per a stessa. Quando questa perdita diventa dolorosa, sei sull'orlo del risveglio, capisci? Perché se non ti disturba, non cerchi di oltrepassarla. [Interl.] Allora è tutto dolore, dolore e sofferenza? [Mooji] "Bisogna soffrire per vincere" così si dice. Devi... In un certo senso è come partorire te stessa. [Interl.] Io pratico e contemplo, ma mi sembra che non ci sia alcun risultato. [Mooji] Di nuovo: il 'te' che contempla e pratica, qual'è? [Interl.] La persona. [Mooji] Ha importanza beccare il fatto che è la persona a farlo? E che ciò che la fa piangere oggi la farà ridere domani, perché è priva di coerenza? Anche se lei grida: "Eureka, ho trovato il Sé", è vero?" [Interl.] No. [Mooji] Perché no? Perché il Sé non può essere visto, e sarebbe solo un'illusione di qualche tipo. Allora qual è lo scopo della pratica? [Interl.] Prendere consapevolezza di tutte queste... idee sbagliate. [Mooji] Sì, possiamo dire così, ma dimmelo anche in un altro modo. Però va bene, lo accetto: serve ad acquisire consapevolezza di tutte le piccole distorsioni di comprensione, accorgerci di esse, ma c'è qualcosa di ancor più sottile: quando diventi consapevole di quelle, diventi anche consapevole di cosa? [Interl.] Di ciò che le vede. [Mooji] Sì, di ciò che le vede. Come fai a diventarne consapevole fenomenicamente? O meglio: puoi diventarlo fenomenicamente? [Interl.] No. [Mooji] No. Allora di cosa diventi consapevole? [Interl.] Mi sembra di avere questa consapevolezza solo a momenti. [Mooji] Inizialmente è intermittente, perché non ci sei abituata. Il riflesso abituale è di volgerti fuori connettendoti a cose percepite o proiettate, però ora ti chiedo... Sì, questo accade per tutti, ma anche colei che dice: "Accade a me e lo trovo frustrante", quello che ti chiedo è di vedere che è anch'essa una sfaccettatura della mente. Tutte queste sfaccettature, però, sono scaturite all'origine da qui dentro, con la proiezione in avanti. Capisci? [Interl.] Sì [Mooji] Sì La vera opportunità che abbiamo risiede nel riuscire a vedere questo, ma qualcuno sente ancora che la mente continua a dargli problemi. Non preoccuparti: a chi li da? La mente da problemi a chi? [Mooji] Lo diciamo insieme? 1, 2, 3... [Interl.] A nessuno. [Mooji] Alla persona. Oh: a nessuno?! Qui mi hai batti tu. Da problemi a nessuno! Da problemi a nessuno! Questa è una risposta migliore di "alla persona". Capisci questo? [Interl.] Sì. [Mooji] Va bene. E adesso? Può bastare, oppure no? [Interl.] Non lo so. [Mooji] Chi dice questo? Da dove viene questa risposta? Posso accettarla o metterla in discussione: "Io non lo so": io chi? [Interl.] La persona [Mooji] È la persona. Ne sei sicura? [Interl.] No La risposta può venire dalla persona, e se dici che è così allora sembra che mi permetti un'ultima mossa: chiederti cosa è consapevole che viene dalla persona? [Interl] Qualcosa non si sente soddisfatto, ma non devo andargli dietro. [Mooji] Sì, questa è una costatazione potente: "Qualcosa non si sente soddisfatto"... Quello che si sente non soddisfatto è personale o impersonale? [Interl.] È Personale. [Mooji] Personale. Vedi, se ci caschi ogni volta, e la persona dice: "Lo so, Guruji, ma sai non riesco a...". Chi parla così? [Interl.] La persona. [Mooji] Sì Allora chiuderemo su questa nota? [Inter.] Nella persona? No! [Mooji] Grazie, Bene, allora dove? E cosa significa chiudere? [Interl.] Intendo solo la conversazione, finire questa conversazione! La conversazione può terminare nella sua manifestazione vocale, e forse ci sarà qualcosetta nella mente che sente: "Mah, non so, "Ho parlato con Mooji, ed era tutto chiaro, ma ora non lo è più". Chi lo riferisce? [Interl.] La mente. [Mooji] La mente. E questo è assoluto? [Interl.] No. [Mooji] No: Che cosa è assoluto? [Interl.] Ciò che è consapevole di questo. [Mooji] Sì. E dove si trova? [Interl.] Da nessuna parte. [Mooji] Perché sorridi? Allora, hai un problema? [Interl.] No. [Mooji] Se ti trovi nel luogo dal quale rispondi adesso, puoi mai avere problemi? [nterl.] No. No. [Mooji] Questo ti provoca felicità o infelicità? [Interl.] Non mi provoca niente. [Mooji] Ottimo. [Mooji] Ancora più sottile della felicità... Bene. Siamo a posto così? Se vai a passeggiare e torna la mente, dicendo: "Non ricordo nulla, oro proverò a vedere se ritrovo quello stato d'animo", era uno stato d'animo? [Interl.] No. [Mooji] Non è uno stato d'animo. Puoi perderlo? [Interl.] No. [Mooji] No. Puoi possederlo? [Interl.] No. [Mooji] Ottimo. Sono contento. Molto bene. Quindi non devo leggere il resto, vero? "Non so essere consapevole di essere consapevole". "L'io-identità mi sembra ancora reale. Ti prego, aiutami! Mia" [Mooji] Serve ancora? [Interl.] No. [Mooji] Ottimo. Posso tenerla? [Interl.] Sì. Intendo: buttala pure! [Mooji] Tienila o buttala... sono felice di sentirti così! [Interl.] Non c'è bisogno che la tieni. [Mooji] Questa lettera è quella che chiamo una richiesta d'aiuto propizia, per chiarire delle cose, e in quel senso è molto... Voglio dire che non è un gioco. Possiamo dire che è come un gioco, ma non un gioco cinico. Possiamo dire che è un gioco o una vicenda, insomma 'qualcosa' che deve accadere nell'ambito dell'espressione umana della coscienza, quando arriva allo stadio in cui il suo mondo non funziona più, ma non considero questo una catastrofe, bensì un'opportunità di guardare dietro le quinte. [Interl.] Sì, sì, voglio sfruttare ogni opportunità di guardare. [Mooji] Va bene, anche proprio ora? [Interl.] Sempre. Quindi sì, anche ora. [Mooji] D'accordo. Hai bisogno di guardare ancora, ora? [Interl.] Posso farlo da me. [Mooji] Sì. Sì. Bene. [Interl.] Sì, sì. [Mooji] Grazie. Ottimo. E non è necessario parlarne con altri. Stai semplicemente ferma, a osservare. E ricorda che per quanto la mente si mostri insidiosa, quello è secondario: conta prima tutto che tu lo veda.