Trascinato fuori dalla stanzetta | Eric Anthony Dorsa | TEDxSanAntonio

Questo intervento si è tenuto ad un evento TEDx locale, organizzato in maniera indipendente dalle conferenze TED.

Quando Eric è uscito dalla stanzetta come uomo gay e di nuovo come drag queen, ha semplicemente aperto una porta. Ha capito presto che quelle che pensava fossero identità in realtà erano maschere che portava per lasciare la sua cameretta e affrontare un mondo crudele che l'aveva messo lì. Quando queste maschere sono cadute, è rimasto solo con la stessa paura, la vergogna e il senso di isolamento che aveva sempre fuggito. Tutto ciò l'ha portato a prendere una decisione: o accettare se stesso senza maschere e etichette, oppure vivere accettando il fatto che erano queste maschere a indossare lui. Una volta deciso di lasciare la cameretta senza alcuna maschera, né etichette, ha avuto una potente rivelazione. Non stava andando verso la percezione di un mondo crudele che lo voleva rinchiuso; stava iniziando una nuova vita, una vita che lo stava aspettando da sempre, e a cui lui apparteneva.

William Shakespeare ha affermato
che "tutto il mondo è un palcoscenico"

e uomini e donne sono semplici attori.

Devo dire che, da drag queen,

imparo continuamente la differenza

tra l'essere un'attrice
e interpretare una parte.

Tutti noi esseri umani
abbiamo provato la tensione

tra chi pensiamo di essere
e chi il mondo si aspetta che siamo.

Ho imparato così tante cose
nel mio percorso di drag queen,

soprattutto che, vestendomi da donna,

sono più simile a tutti voi
di quanto sia diversa.

Perché la verità è che ognuno di noi
ha imparato a travestirsi nella vita.

Ci travestiamo per adattarci

alle nostre relazioni, ai nostri lavori
e ai nostri hobby,

Ci travestiamo per fuggire dalle nostre
paure, da debolezze e insicurezze,

dalla pressione di dover essere
versioni di noi stessi,

più magre, più felici,
di maggior successo e meno insicure.

Ci travestiamo per corrispondere
a quello che la vita si aspetta da noi.

Il CEO che ha tutte le risposte
in un momento critico,

la mamma impeccabile
dell'associazione genitori insegnanti,

la versione del figlio o della figlia
perfetti di qualcun altro,

la moglie perfetta.

Ci travestiamo quando le nostre vite
sociali diventano così piene

da non lasciarci il tempo per considerare
nulla di reale o di lontanamente emotivo.

Ho imparato, da drag queen,

che quando ci travestiamo
per ricevere l'approvazione degli altri,

quando interpretiamo una parte
nella nostra vita reale,

perché ci sembra
più sicuro e seducente,

perdiamo l'abilità di vivere
il nostro sé più autentico,

ci perdiamo in un mondo di finzione
con altri personaggi

invece di essere veri attori sul palco.

Travestirsi è, e continua ad essere,

l'estremo atto di ribellione
per la mia famiglia latina, italiana,

reazionaria, repubblicana, cattolica,
del Texas del Sud,

(Risate) (Applausi)

in cui sono nata
e di cui faccio parte.

(Applausi)

È qualcosa di estenuante.

Il Natale è molto interessante.

Ma facendo parte di questa famiglia
sono nata in un mondo

pieno di aspettative e di richieste
su chi sarei dovuta essere come uomo --

essere una drag queen
non era contemplato, ma è ciò che sono.

Non dimenticherò mai lo sguardo
di paura sul volto di mia madre

quando le dissi di volermi vestire
da donna quando ero più grande,

mentre gli altri ragazzi si atteggiavano
a J. Springer [popolare conduttore TV].

(Risate)

Avevo cinque anni. Non so perché
guardavamo Jerry Springer.

(Risate)

Ma quello che ricordo è che mia madre
mi disse che essere belle è peccato.

La verità è che travestirsi
è, e continua ad essere,

la celebrazione
di chi sono nella mia vita.

Interpretare una parte mi ha riportato

alla persona sotto al trucco,
all'attrice,

che vive dietro un personaggio
in un mondo superficiale che dice a tutti

che potremmo essere
una versione migliore di noi stessi.

Crescendo ho capito profondamente

che quello che ero, probabilmente
non sarebbe mai cambiato.

Ho fatto tutto quello che potevo
per convincere gli altri e la mia famiglia

che sarei potuta essere
qualcun altro, esteriormente.

Allora non potevo vedere
cosa stavo diventando dentro,

ma il vero percorso oltre la mia stanzetta
continua ad essere quello di drag queen.

È il percorso che mi ha salvato la vita.

Ho creato un personaggio
da un'azione disperata

di riconnettermi con qualcosa
di profondo e familiare.

Quando uscii dalla stanzetta
persi tutto ciò a cui potevo pensare.

Persi il sostegno della famiglia,

persi il senso di amore, connessione,
appartenenza, il mio senso della fede.

Persi tutto e tutti nella mia vita

tutti quelli ai cui occhi fingevo
di essere qualcun altro.

A 21 anni,
quando mi guardai allo specchio,

la persona che mi fissava era la più
sconosciuta che avessi mai incontrato.

Ma come non poteva esserlo?

Sono stata incoraggiata
a vivere una menzogna per tutta la vita.

Ho imparato a mettere da parte
chi sarei dovuta essere

per la parte da interpretare

per un senso di sicurezza e di accettazione.

Perdere tutto non significava
la fine di tutto

come pensavo, come in "Mario".

Avevo una seconda chance.

Perdere tutto ha voluto dire
riprogrammare la mia autenticità

e la mia vita,
se potevo accettarmi come ero,

se poteva essere onesta,
sincera e vera.

Così, ho creato questo personaggio

per fuggire al ragazzo arrabbiato,
spaventato e insicuro

che ero diventata,
vivendo nella mia stanzetta.

Vedete, come Fonda, ho vissuto un mondo

in cui ero considerata coraggiosa,
sicura di me stessa e bella.

Mi sono sollevata e ho combattuto
l'ideale eteronormativo

con la mia lacca, i brillantini
e i tacchi a spillo.

(Risate)

Per la prima volta nella mia vita
mi sono sentita amata e accettata.

Ogni volta che mi mettevo
trucco e parrucco

la mia vita diventava più vera.

Ma lo stesso è successo ai mostri
da cui stavo scappando.

Vedete, vestendomi come Fonda Cox
ho imparato

che il personaggio
che ho interpretato nella mia vita

non era quello di drag queen.

Era quello di Eric, il ragazzo
che non sono mai riuscita ad essere,

il ragazzo con un disturbo alimentare,

il ragazzo
che aveva bisogno di essere amato

stando sempre al centro dell'attenzione.

Era il ragazzo che pretendeva
di avere orgoglio gay

invece di vivere e parlare
della propria vergogna gay.

Fui così grata quando finalmente iniziai
ad ascoltare le persone intorno a me:

mi hanno aiutato a capire che Fonda
ed Eric sono la stessa persona,

che un attore non può esistere

senza un dialogo con il personaggio
della propria vita.

Ciò che ha avuto Fonda
l'ho avuto anche io.

Amore e accettazione che ho ricevuto
sul palco sono veri.

Ho imparato che la vergogna è il bullo

che mi rinchiudeva nella stanzetta
e mi teneva lì con la porta serrata.

Nella mia stanzetta ho imparato

a nascondere le mie debolezze
e le mie insicurezze dal mondo

e, in verità, la mia umanità.

Ma abbandonando i miei abiti

ho preso la stanzetta
e l'ho fatta diventare un alleato.

Perché cosa lasciamo
nella stanzetta, in ogni caso:

i nostri costumi, i nostri ricordi,
i nostri averi?

Nella stanzetta sono al sicuro, lontani,

e sappiamo dove andare
quando abbiamo bisogno di trovarli.

Ho fatto diventare la mia stanzetta
un mio alleato.

Lì ho nascosto parti di me

con cui gli altri, pensavo, non avrebbero
voluto avere nulla a che fare.

Ancora mi trovo a volte nella mia stanza
con la porta sbarrata, pronta a prendere

uno dei miei costumi da indossare
per affrontare questo mondo di critiche.

Ma ora mi dico la verità,

che il pubblico
dall'altra parte della porta

è un mondo pieno di fan, non di critici.

Persone pronte a guardarmi
e a celebrarmi per l'attrice che sono.

Un mondo in cui non ho bisogno
di un costume per adattarmi.

Un mondo in cui sono accolta
con amore e curiosità, non paura.

Fonda Cox non è più una parte
che interpreto nella mia vita.

Lei è, e continua ad essere,
il mio percorso fuori dalla stanzetta.

Mi ricorda del ragazzo che ero

prima di aver mai sentito
delle norme di genere,

prima di essere mai stata
in una stanzetta gay,

prima di aver mai sentito
dagli altri o dalla mia famiglia

che essere me stesso era sbagliato.

Fonda Cox mi ricorda

del ragazzo che ero
e che voleva solo travestirsi.

Mi ricorda del ragazzo che voleva
che la mamma gli mettesse lo smalto,

e il "cosa sarebbe se" terminava
assolutamente nel nulla,

finché non ricevette
una cucina giocattolo.

Ho imparato che quando si vive la vita

in segreto in una stanzetta,

spaventiamo noi stessi e ci separiamo
da chi siamo intimamente

e che cerchiamo di nascondere agli altri.

Viviamo una realtà di noi contro loro,

in cui speriamo che gli altri vedano
chi fingiamo di essere

invece di chi siamo veramente.

Vi ho chiesto: da quali personaggi
vi travestite nella vostra vita?

Quale parte state interpretando?

Il personaggio non esisterebbe
se non fosse per l'attore,

perché questo è il tu
che appartiene alla vostra vita.

Questo è il tu che vogliamo vedere,

questo è il tu che si merita
di essere amato e festeggiato.

Questo è il tu che siete nati
per interpretare.

Grazie mille.

(Applausi)