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Se ti piace l’italiano, saprai sicuramente che
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questa lingua e la maggior parte
delle sue parole viene dal latino.
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Prendiamo però questa frase (naturalissima,
e che diciamo tutti i giorni): per scherzo,
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ho rubato una panca dall’albergo, ma la guardia
mi ha visto e mi ha spaccato uno stinco. Nessun
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termine in questa bellissima frase, al di là
di quelli grammaticali e del verbo vedere,
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è di origine latina. Questo perché l’italiano ha
preso tantissime parole, anche piuttosto comuni,
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da lingue germaniche. Parole come
guardare, guidare, smarrire, scherzare,
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guadagnare e molte altre sono germanismi molto
antichi: questo è l’argomento del video di oggi.
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Ah, e questo è Podcast Italiano, un
canale per chi impara o ama la lingua
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italiana. Se ne hai bisogno, puoi attivare
i sottotitoli. Se impari l’italiano sul mio
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sito trovi la trascrizione di tutto ciò che
dirò nel video: il link è nella descrizione.
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Le parole che ho elencato poco fa, come guerra,
albergo e molte altre, ci sono state date in
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prestito, per così dire, da lingue della
famiglia germanica. Di questa famiglia
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fanno parte tutte le lingue barb… discendenti
da un comune antenato chiamato proto-germanico.
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I germanismi possono essere di ogni epoca,
antica e moderna, ma in questo video ci
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concentreremo particolarmente su quelli
antichi, che risalgono per lo più all’Alto
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Medioevo, perché ci dicono qualcosa di
interessante sulla storia del nostro paese.
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Ma partiamo da quelli più antichi di tutti,
che risalgono al prima di Medioevo: sono i
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paleogermanismi. Niente a che fare con i dinosauri
e Jurassic Park (mi spiace, Elena): si tratta di
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un termine usato da alcuni studiosi per indicare
le parole germaniche prestate non all’italiano,
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bensì già al latino, da cui sono arrivate poi
all’italiano. Questi germanismi ancestrali,
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per così dire, non sono moltissimi: abbiamo
per esempio parole come sapone, tasso e vanga.
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Ogni tanto, le parole germaniche venivano adottate
per esprimere un concetto nuovo, per il quale
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ancora non c’era una parola. È l’esempio di alce,
prestato al latino da una cultura germanica che,
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evidentemente, di alci si occupava più spesso dei
romani. Questi sono detti prestiti di necessità,
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proprio perché in un certo senso sono necessari
(o quantomeno utili) alla lingua d’arrivo,
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che non ha una parola per designare quel concetto.
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La parola vanga, invece, ci permette di osservare
il fenomeno opposto, cioè il prestito di lusso:
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come già spiega il nome, questo tipo di
prestito non è strettamente necessario,
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perché nella lingua d’arrivo esisterebbe già una
parola per il concetto in questione; tuttavia,
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per una serie di motivi, si decide di adottare
una parola straniera e di sostituirla a quella
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autoctona. Per esempio, la parola germanica
guerra sostituisce la parola latina bellum.
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Tra questi germanismi antichissimi
abbiamo anche blu, bruno, brace,
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stalla e soprattutto, l’adorabile
martora. Ma guardatela, non è adorabile?
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Bene, ma perché tutte queste parole
germaniche sono state adottate in
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latino prima, e in italiano o, insomma,
proto-italiano, varietà proto-romanze poi?
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Qui dobbiamo parlare un po’ di storia del
nostro paese. Già durante l’Impero romano,
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ci furono numerose invasioni da parte
di popoli barb… ahem, germanici,
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che generarono un contatto tra il
popolo romano e quello degli invasori;
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e contatto tra popoli significa anche contatto
tra lingue, e quindi interferenza linguistica,
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e quindi prestito. È come quando un
italiano va in Inghilterra per tre mesi
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e torna che infila anglicismi in ogni frase
che dice. E poi non c’erano solo invasioni,
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ma anche scambi commerciali e altri tipi di
interazioni. Infine, via via, nell’esercito
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romano furono sempre più consistenti i
reparti composti da soldati germanici.
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E dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente
i popoli germanici si stanziarono stabilmente
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nell’Europa centro-meridionale; e, in
particolare, in Italia ci furono secoli
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di invasioni e addirittura regni germanici.
In particolare, parliamo di Ostrogoti,
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Longobardi e Franchi. Questo spiega la nostra
grande interferenza linguistica. Considerate che
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gli Ostrogoti (ovvero i Goti orientali; perché
i Visigoti erano i Goti occidentali) iniziano
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a regnare in Italia alla fine del V secolo
d.C., e perdono il potere verso la metà del VI,
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fondendosi poi, nel corso del tempo, con
la popolazione locale. A questo punto,
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tutto il territorio italiano è sotto il dominio
dei popoli germanici. I Longobardi, intanto,
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proprio verso la metà del VI secolo entrano in
Italia e iniziano a conquistarla, sebbene non
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riusciranno mai a ottenere l’intero territorio.
Quando i re Longobardi, sempre più potenti,
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nell’VIII secolo arrivano a Roma, i papi si
rivolgono ai Franchi, altro popolo germanico,
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che stavano diventando la grande potenza europea
del tempo. Così, dal 774 d.C., i Franchi assumono
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il controllo dell’ex Regno longobardo, guidati
da un tale Carlo Magno (forse lo conoscete);
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ma, a differenza dei due casi precedenti, non
c’è una migrazione di massa verso lo stivale.
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Anche se abbiamo tantissime informazioni su
questo periodo storico, non è sempre facile
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capire se una certa parola germanica ci sia giunta
dagli Ostrogoti, dai Longobardi o dai Franchi,
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visto che comunque erano tutte lingue
germaniche imparentate tra loro. Per
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esempio tregua potrebbe venire dal gotico triggwa,
dal francone triuwa o dal longoboardo trewwa:
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e più darsi anche che sia stato un misto tra
parole germaniche diverse. Spesso gli studiosi
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non sono sicuri. Ciò che invece possiamo
dire con certezza è che da questi popoli
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abbiamo ricevuto un bel po’ di parole:
solo dai Longobardi, quasi trecento,
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secondo alcune stime. Tra queste, per
esempio, quelle che ci ricorda Barbero.
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Son parole longobarde guerra,
zuffa, tregua, faida, spranga,
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trappola, insomma era gente piuttosto violenta.
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Nel corso dei secoli l’italiano prende
anche altri prestiti da quello che si
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può già chiamare tedesco (anche se non il
tedesco moderno, ovviamente). Infatti i
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contatti con la “Germania” (che non esisteva
ancora) continuarono intensi per secoli:
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per esempio, il Centro-Nord Italia fece
a lungo parte del Sacro Romano Impero e i
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mercenari tedeschi spesso combattevano
nelle guerre italiane. Oggi, comunque,
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voglio concentrarmi in particolare sui germanismi
più antichi, quelli dell’Alto Medioevo, lasciando
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magari a un futuro video i cosiddetti tedeschismi,
cioè parole che derivano dal tedesco in epoche
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diverse. Però voglio dire una cosa a proposito
proprio della parola “tedesco”: perché in
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italiano abbiamo questo aggettivo strano quando
in altre lingue si dice German, Allemand, Aleman?
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L’aggettivo tedesco viene in ultima istanza
da una parola gotica, thiuda, che significava
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“popolo” ed è imparentata con quel Deutsch di
Deutschland. Quindi, amici, non è poi così strano.
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Bene, ma all’atto pratico come sono passati
all’italiano questi germanismi antichi?
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A parte il fatto che, come sempre,
tutto dipende molto dal momento storico,
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perché c’è stata una lunga interazione tra Italia
e popoli germanici, possiamo dire che i prestiti
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giunti dal fràncone antico (la lingua dei Franchi)
entrarono spesso nel latino tardo (o, se vogliamo,
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in uno stato protoromanzo, quando latino stava
diventando lingue romanze) spesso per via scritta,
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tramite la lingua delle cancellerie (cioè uffici
pubblici che si occupavano di redigere documenti;
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di fatto quindi la lingua della burocrazia)
perché i Franchi occuparono proprio gli
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ambienti altolocati, e si occuparono piuttosto
di governare, anziché popolare l’Italia in massa.
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Più spesso, invece, i prestiti sono giunti
per via orale dalla lingua longobarda;
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ma è pur vero che anche i Longobardi,
che vennero prima dei Franchi,
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regnarono in Italia, e infatti alcune parole
che ci sono giunte dal longobardo vengono
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dall’àmbito cancelleresco giuridico:
abbiamo, per esempio, tregua e faida.
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Non dobbiamo poi dimenticare i
prestiti indiretti. Abbiamo visto,
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parlando dei paleogermanismi, che il latino
ci ha lasciato dei termini germanici,
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presi ancor prima che le lingue neo-latine
come l’italiano, il francese, lo spagnolo,
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il portoghese o il rumeno si formassero. Abbiamo
anche visto che il latino tardo e medievale,
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per via scritta, ci lasciò per via indiretta
molti termini dal francone. Ma ci sono altri casi:
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il francese antico ci lasciò per esempio
molte parole che aveva preso a sua volta
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dal francone. Come abbiamo visto anche nel video
sugli italianismi, spesso le parole fanno il giro,
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passando da una lingua all’altra: per esempio,
se ricordate, “baguette” è un francesismo
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comune in molte lingue, ma che il francese ha
preso a sua volta dall’italiano “bacchetta”.
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Ok, ma che tipo di parole entravano in italiano?
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Ancora una volta, dipende tutto dal
contesto storico e dal momento in
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cui il termine è stato preso in
prestito. Possiamo, ad ogni modo,
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isolare alcuni àmbiti specifici. Per
esempio, come ormai avrete immaginato,
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abbiamo ricevuto diversi termini legati al
mondo militare, come guerra, guardia e zuffa.
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Tanti – questo forse vi stupirà – sono i termini
per indicare le parti del corpo, di umani e
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animali: abbiamo guancia, milza, nocca, stinco,
spanna e zanna. Mi piace molto zanna perché in
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tedesco moderno è uguale alla parola longobarda
da cui deriva quella italiana: zahn. In italiano
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zanna però si usa solo per i denti particolarmente
robusti di alcuni animali, come gli elefanti. E
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anche milza in tedesco è molto simile: milz. Non
però perché l’italiano l’ha preso dal tedesco,
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ma perché l’italiano l’ha preso dal longobardo,
che era una lingua germanica imparentata con la
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lingua antica da cui discende il tedesco moderno.
C’è anche strozza con il significato di gola,
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termine oggi non più usato, ma rimasto nel
comunissimo verbo strozzare o strozzarsi.
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Io trovo sempre un buon motivo per
strangolarti! Ti strozzo e ti ristrozzo!
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Sono tanti anche i termini legati
alla casa e alla vita domestica:
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balcone, soppalco, panca, scaffale,
federa e gruccia tra gli altri.
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Meno comuni sono le parole giuridiche
e amministrative. Qualcuna però è
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abbastanza nota: per esempio le
già menzionate tregua e faida.
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Infine, abbiamo tanti termini concreti
ed espressivi: arraffare, russare,
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scherzare, tanfo (cioè cattivo odore) e tonfo.
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Come potete vedere, il tipo di parole che giungono
da un certo popolo dipende dalla sua cultura.
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Come dice Barbero parlando nello specifico dei
Longobardi, “non erano una società di filosofi”.
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Sappiamo che ogni lingua ha il proprio insieme
di suoni e il proprio modo di metterli insieme;
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così, il giapponese non suona come l’arabo, che
non suona come l’italiano, che a sua volta non
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suona come l’inglese. Vee imajeenahte se parlasi
cosee? 🙂 È chiaro, dunque, che le parole, passando
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da una lingua all’altra, dovranno essere un po’
adattate alle strutture della lingua di arrivo.
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Come anticipato in precedenza, poi, ci stiamo
occupando in particolare di germanismi molto
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antichi; e il fatto è interessante, perché i
prestiti antichi sono stati adattati in modo
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più pesante rispetto ai prestiti moderni. Se
oggi siamo abituati alle lingue straniere e non
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ci sembrano troppo strane parole evidentemente
non italiane (come blitz o panzer), le cose un
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tempo stavano in modo diverso. Vediamo dunque come
venivano adattate e italianizzate queste parole.
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Innanzitutto, in presenza di un dittongo,
questo veniva spesso ridotto a una sola
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vocale. Quindi il francone rauba è
diventato roba, e raubon è invece
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diventato rubare. Più tardi, il medio-alto
tedesco stainbock è diventato stambecco.
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Un altro fenomeno comune è l’epitesi, ovvero
nel linguaggio medico la correzione di un arto
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difettoso… no, ho sbagliato definizione,
intendevo “fenomeno per cui si aggiunge
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un suono, e in particolare, in questo caso,
una vocale, alla fine di una parola. Così,
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il francone bank (che indicava un sedile
lungo le pareti di una casa) ha dato banco
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e banca (o panca), con l’aggiunta di o
e a finali; da bosk (cespuglio; e sì,
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è imparentato con i l’inglese e il tedesco
bush/Busch) abbiamo ottenuto bosco; e da want
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abbiamo ottenuto guanto. Come dicevo poco fa, la
conoscenza delle lingue straniere non era diffusa,
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secoli fa. Qualcuno direbbe che non lo è nemmeno
oggi in Italia, ma non io. Visto che tutte le
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parole dell’italiano fatte salve alcune (poche)
eccezioni, finiscono con una vocale, il parlante
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medio non si sentiva a proprio agio di fronte
a una parola che finisse con una consonante:
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semplicemente, non veniva naturale (in un certo
senso, non viene così naturale nemmeno oggi:
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motivo per cui pronunciamo fan o gol aggiungendo
una piccola vocale finale di appoggio: fannə).
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Inoltre, come possiamo osservare
dall’esempio di Stainbock/stambecco,
-
a volte l’ultima consonante veniva raddoppiata,
-
e lo stesso facciamo anche oggi: se sentite
quando dico fannə raddoppio quella n.
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Poi c’è l’anaptissi – di nuovo, niente patologie
strane – per cui in una serie di consonanti si
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aggiungeva una vocale, perché a noi italiani
troppe consonanti di fila non ci piacciono.
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Pensiamo ai lanzichenecchi, i soldati mercenari
tedeschi che scendevano talvolta in Italia e
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che tutti i lettori italiani conoscono grazie ai
Promessi sposi. La parola originale in tedesco è
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Landsknecht, decisamente impronunciabile per un
italiano: e quindi lanzichenecchi. Bello, vero?
-
Dal Settecento, invece, la conoscenza delle
lingue straniere inizia a essere più diffusa,
-
e così l’adattamento dei prestiti diventa meno
pesante e la loro provenienza straniera via via
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più evidente, come in nickel, fuhrer o panzer.
È per questo che a me interessano soprattutto
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i germanismi antichi o medievali, perché sono del
tutto mimetizzati nel mucchio delle parole latine.
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Visto che i germanismi sono arrivati
nell’italiano in tempi diversi,
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e non sono stati parte dell’italiano (e del
latino) per tutta la storia di queste lingue,
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non si è verificato il normale
processo di evoluzione delle parole,
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in particolare per quanto riguarda i suoni.
Inoltre, i germanismi hanno portato sequenze
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di suoni in posizioni sconosciute e a volte anche
scomode da pronunciare al latino e all’italiano.
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Innanzitutto, la b intervocalica del latino, cioè
posta tra vocali, è diventata v, quindi il latino
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fabulam ci ha dato favola, e il verbo habere è
diventato avere (qui mi riferisco alle parole
-
che sono state tramandate oralmente per secoli; i
latinismi colti, “recuperati dai libri” sono molto
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più simili alla forma latina originale, come ho
spiegato in questo video). I germanismi, invece,
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non hanno conosciuto questo cambiamento,
quindi il francone rauba è rimasto roba,
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anziché diventare rova, e il
gotico raubon è rimasto rubare.
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Vediamo ora uno degli indizi più forti
di provenienza germanica di una parola.
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Attenzione che questo è interessante. Il suono
/gw/ iniziale di parola non esisteva in latino:
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proviene invece dal suono /w/ iniziale
di parole dei prestiti germanici. Così
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wardon è diventato guardare, con l’aggiunta
della terminazione verbale -are. E quindi da
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warjan abbiamo ottenuto guarire, di nuovo
con /gw/ iniziale, questa volta con -ire.
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E ancora, abbiamo warnjan, che significava
avvertire (Vi ricorda l’inglese to warn?
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Bella intuizione, totalmente non pilotata da
me: le due parole infatti sono imparentate.)
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e che a noi ha dato guarnire (un tempo
usato in senso soprattutto militare,
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come “guarnire una città di armi e munizioni”,
da cui anche la guarnigione, ma che oggi si usa
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sopratutto in cucina: “guarnire un piatto con
un contorno di patate”), e poi ovviamente werra,
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che ci ha dato guerra, wida, che ci ha dato
guida, il francone waidhanjan che ci ha dato
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guadagnare o wai da cui deriva guai. Come “guai
a te se non metti mi piace a questo video”.
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Insomma, quasi tutte le parole che iniziano
con /gw/ in italiano sono germaniche. Quasi,
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non tutte. Questo meccanismo era così diffuso e
comune che trasformava /w/ in /gw/ anche in parole
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latine. Da vadum per esempio proprio per questo
meccanismo, ci è giunta la forma guado. Oppure dal
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latino… vāgīna (che in latino era il fodero di
una spada o in generale un involucro), è derivato
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guaìna (che oggi però si pronuncia guàina, con
l’accento sulla a) e significa sempre fodero,
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involucro o membrana dove… metti qualcosa.
Ehm, ve lo starete chiedendo… sì, vagina
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viene ovviamente dalla stessa parola latina,
ma è una parola colta, recuperata dai libri.
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Con ciò, possiamo concludere questo
viaggio. Abbiamo scoperto che c’è veramente
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un mondo di parole germaniche antichissime
giunte in italiano sin dai tempi del latino
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e poi in tutti i secoli successivi; solo
che non ce ne accorgiamo, perché sono
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così mimetizzate che oggi solo gli esperti (o
voi, dopo questo video) possono riconoscere la
-
loro origine non latina. Detto ciò, il lessico
dell’italiano rimane comunque prevalentemente
-
latino. Ma che cosa significa questo? Ti
può interessare questo video in proposito.